Quando si parla di unità collabenti si fa riferimento a fabbricati immobiliari, o parti di questi ultimi, che sono allo stato di ruderi e non sono più in grado di generare redditi. Ma cosa dicono le norme fiscali inerenti ad esse? Come vengono classificate?
Le regolamentazioni
Le unità collabenti vengono incluse nella categoria catastale F/2, e tecnicamente sono “edifici diroccati o fatiscenti, che non sono in grado di produrre reddito proprio in virtù delle loro caratteristiche”. Per la legge ministeriale numero 28 del 1998, rientrano in questa categoria edifici come:
- fabbricati o alcune delle loro parti in definizione o costruzione;
- aree urbane;
- lastrici solari;
- costruzioni che non producono più reddito, a causa del loro stato di degrado.
Per essere definita un unità collabente, il proprietario di tale immobile deve rivolgersi ad un professionista che firmi una relazione e una dichiarazione, con tanto di data e firma, che attesti le condizioni del fabbricato. Tale documentazioni, con allegate anche delle fotografie ed un’autodichiarazione del proprietario che attesti la mancanza dei servizi primari, devono essere consegnate al catasto, che registra l’immobile come collabente.
Le detrazioni fiscali
Degli immobili come quelli appena descritti non sembrano soggette a tasse come la Tasi e l’IMU, ma non mancano comunque delle eccezioni. Ad esempio, se l’area in cui si trova l’immobile può essere considerata edificabile.
Per le ristrutturazioni di queste unità, ci sono comunque detrazioni fiscali, di circa il 50 %, e del 65 % per il risparmio energetico. Secondo dei dati del 2018, l’Agenzia delle Entrate ha registrato 548148 unità collabenti, e la maggior parte di trovano a Nord e Sud dell’Italia.